vendredi 5 mars 2010

In Abruzzo i raggi del Sole illuminano la Morgia...grazie a Costas Varotsos!

A Gessopalena i raggi del Sole illuminano La Morgia: una roccia, una montagna ferita dall’uomo e guarita da un artista.


Si puo’, passando per infinite complicazioni, arrivare alla conquista suprema, quella della semplicita’; mi pare questa la capacita’, non la sola, si capisce, piu’ vera, piu’ intrinsecamente vitale e nutritiva di un artista come Costas Varotsos, nato nel 1955 ad Atene, considerato tra i protagonisti dell’Arte greca contemporanea.
Complicazioni sia concettuali (dell’artista) sia piu’ propriamente ambientali (la natura dove opera l’artista).
Significativa a questo proposito, un vero e proprio exemplum, e’ l’opera "La Morgia", realizzata agli inizi del 1997 nella zona piu’ alta del territorio di Gessopalena.

Quest’opera e’ stata fortemente voluta da Antonio De Laurentiis, ideatore e promotore del progetto "Campagna d’artista", in attuazione nel comprensorio del Sangro-Aventino. Portata a termine con l’intervento della Societa’ Italiana Vetri di Venezia e la Bayer, fornitrice del silicone necessario ad incollare le lastre di cristallo incastrate in cornici d’acciaio.
L’opera, alta circa 11 metri e larga 20, porta a nuove e piu’ significative conseguenze, senza peraltro alcuna statica radicalizzazione, il percorso che l’artista aveva gia’ incisivamente tracciato con opere come "Il Poeta" o, ancora meglio, "Il Corridore".

Costas Varotsos usa come materiale d’elezione il vetro: come dire che e’ un artista che lavora con la luce. "Noi ci proclamiamo signori della luce" amavano ripetere i futuristi; e nell’artista greco che ha amato e studiato Boccioni, e che in alcune opere -una su tutte: Il Corridore- dichiara le tangenze con la dinamica futurista, questa frase ritrova tutta la sua valenza piu’ alta e significativa.

Chi puo’ si rechi a Gessopalena e aspetti la luce dell’alba davanti alla Morgia: vivra’ un’esperienza memorabile, rapito dall’estasi e dall’estetica, che ripaghera’ del viaggio.

Il lavoro e’ costituito da lastre di vetro lunghe 2 metri, larghe 17 cm. con uno spessore di 8 mm., poste a riempire l’affossamento a cuneo formatosi sulla sommita’ di una roccia alta 130 metri che appare come la punta di una lancia preistorica che fuoriesce dal terreno, visibile a lunga distanza nel territorio chietino. La Morgia (questo il nome della roccia) e’ stata deturpata dopo l’ultima guerra in conseguenza dell’attivita’ estrattiva di una vecchia cava. Ad essa sono legate varie antiche leggende, come quella di Ercole (cristianizzata in Sansone) che vi impresse il proprio ginocchio su una lastra calcarea purtroppo andata distrutta. Pur se ben armonizzata col territorio nessun rapporto lega l’opera di Costas Varotsos con le sterili promesse della Land Art: questo lavoro e’ una carezza alla natura deturpata dall’uomo, una specie di riparo al danno prodotto, il vetro si trasforma in canto, ed e’ un canto di speranza, di bellezza. L’opera d’arte e’ stata realizzata con l’intervento straordinario, per capacita’ e passione, del costruttore locale Antonio Troilo e delle sue valide maestranze; non ammette spettatori distratti, li annulla in un rapporto che, piu’ e oltre un dialogo, si trasforma in rapporto che mette in luce la verita’ latente. Qui l’arte e’ davvero capace di far avventurare lo spettatore in una ricerca di se stesso e delle sue possibilita’. Sembra di trovarsi dinanzi ad un’opera simile alle piramidi o al Pantheon per grandiosita’ e forza. Un poeta greco sicuramente caro a Varotsos, Konstantinos Kavafis, ha scritto:

"Ma quello specchio antico gioiva adesso
e si gloriava di aver accolto in se’
per qualche istante la perfetta bellezza".

A Gessopalena questi versi ce li avete davanti. L’impianto architettonico (nell’artista greco i legami con l’architettura sono evidenti e dichiarati) non ha nessun scopo ornamentale, ne’ l’ambiente e’ "costretto" a far da sfondo all’opera stessa che entra a far parte di un processo di relazioni, di rimandi assolutamente assimilabili.













Si parlava all’inizio di semplicita’ che esclude l’operazione anche da qualsiasi strategia di mercato o intento museale e la include in una sorta di "dinamismo universale", aperto a qualsiasi forma di utenza e capacita’ interpretativa; caratteristiche, queste, che Varotsos aveva gia’ sottolineato nell’opera "Il Corridore" attualmente installata nella Hilton Square di Atene, dove risulta splendidamente aperto il rapporto tra il senso di movimento dell’opera e il tessuto urbano, in una facilita’ e felicita’ di comunicazione che rendono l’opera genuinamente e veracemente popolare.

Quest’artista, che tra l’altro ha vissuto in Abruzzo sette anni della sua giovinezza (precisamente a Francavilla Al Mare), e’ stato presente in numerose importanti mostre internazionali, tra cui la Biennale di Venezia 1995, e nelle gallerie Leiman di New York, Persano di Torino, Ileana Tounta di Atene, L’Arco di Rab e Sprovieri di Roma, Ruben Forni di Bruxelles ed altre.

In terra d’Abruzzo, dove ha mosso i primi passi d’artista tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta, e’ stato presente nel 1996 alla Biennale di Penne e a Fuori Uso. Nel 1997 le sue opere sono state esposte a Citta’ Sant’Angelo nelle mostre "Citta’ Aperta" e "La Bella Addormentata". Attualmente, nel quadro del work in progress sulla Maiella "Campagna d’artisti", e’ molto ben allestita nel castello medioevale di Roccascalegna la prima mostra antologica di Varotsos in Italia, in cui si innalza la poetica che da sempre ha accompagnato il suo percorso artistico, segnato soprattutto dalle grandi installazioni "in situ".

Cosi’ chiaro eppure cosi’ allusivo, laico dai connotati mitici e a volte fisici, vale per Costas Varotsos cio’ che Boccioni scriveva nel 1908 nel suo "diario":
"Sono per tutto cio’ che e’ grandioso, sinfonico, sintetico"
e, piu’ avanti:
"Non posso chiudere senza una preghiera all’ignoto".
Preghiera, aggiungiamo, che e’ anche e soprattutto un messaggio di speranza per l’uomo, di fiducia nelle sue possibilita’.
Sulla Morgia ora sembra risplendere l’occhio di un dio a vegliare le sorti del mondo.

Testo di Renato Bianchini.

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