mardi 22 septembre 2009

Testimonianza dall'Aquila di Antonietta Vallodoro

Conservo ancora nel cellulare l’sms che mi ha mandato mia cugina Antonella, arrivata giusto quella domenica sera da Montpellier. Il messaggio mi è arrivato alle 3.41, cominciava così: “ola terremotate……” ma io l’ho letto molto più tardi. A quell’ora io e Isabella, la mia coinquilina, eravamo ancora prigioniere del nostro appartamento al 6° piano del quartiere San Francesco a L’Aquila. Ce l’abbiamo fatta ad uscire scendendo le scale al buio solo verso le 4. Non abbiamo capito bene la situazione perché il nostro quartiere è stato uno di quelli graziati dai crolli più terribili. Ci siamo attaccate al telefono: i genitori, i parenti e soprattutto gli amici, quelli che stavano anche loro a L’Aquila. Alcuni non hanno risposto al telefono ma io ho preferito pensare che, semplicemente, nella fretta di scappare non avevano preso il cellulare. Dopo tre giorni ho saputo che la mia carissima amica Noemi non rispondeva perché non c’era più.
Qual è la situazione oggi a L’aquila a tre mesi dal sisma?
L’Aquila è una città fantasma, dove si aggirano per lo più solo pompieri, forze di polizia, finanza, alpini e protezione civile. Il centro storico è ancora inaccessibile (la famosa “zona rossa”) tranne per qualche centinaio di metri di strada che dai giardini della Villa portano a piazza Duomo. È l’unico pezzo di strada che è stato messo in sicurezza, i palazzi sono ingabbiati in strutture metalliche che li aiutano a restare in piedi. L'accesso è consentito a gruppi di 50, massimo 60 cittadini per volta, in modo da avere un afflusso ordinato e in massima sicurezza. Altre vie del centro storico sono state messe in sicurezza, ma non sono comunque accessibili a noi abitanti, lo sono state solo per la visita dei grandi del G8 ……..
20.000 persone (i dati variano a seconda delle fonti) vivono ancora nelle tendopoli, 30.000 sono ancora alloggiate negli alberghi sulla costa adriatica, gli altri (L’Aquila contava 67.000 abitanti circa, senza contare i 20.000 studenti) sono alloggiati da parenti e amici o sono in case affittate un po’ ovunque. In questi 3 mesi si sono svolte le verifiche di agibilità delle case e gli abitanti sono stati invitati a rientrare nelle abitazioni dichiarate completamente agibili, ma le persone hanno paura a farlo perché le scosse continuano (oggi, 12 luglio, l’ennesima scossa di magnitudo 4.0).
In alcune zone alla periferia dell’Aquila stanno procedendo alla costruzione delle famose “casette” antisimiche che devono ospitare le persone che sono nelle tende. Dovrebbero essere pronte tra settembre e ottobre.
E l’Università?
Nonostante le pretese di fare fronte comune, ogni facoltà si è mossa in maniera autonoma (gli studenti di Ingegneria fanno gli esami ad Avezzano, quelli di Scienze della Formazione in un primo momento li facevano a Carsoli, adesso sono rientrati a l’Aquila, ecc.). La facoltà di Lettere, che è stata la più danneggiata perché i suoi palazzi si trovavano tutti nel centro storico, ha trovato la sua sede a l’Aquila, nell’ex carcere minorile, sono nelle ultime due settimane e ci vorrà ancora molto tempo perché il trasferimento sia effettivo. Molti esami e lauree di varie facoltà si tengono ancora nelle tende sistemate sui prati attorno alla Facoltà di Scienze di Coppito, nel cui atrio è stato installato da subito il quartier generale dell’Università (Rettorato, Direzione amministrativa, Dipartimenti, Centro di calcolo, ecc.). Da qualche settimana le Segreterie e le Presidenze delle varie facoltà sono alloggiate in una tensostruttura appositamente costruita. La portata del danno subito dall’Università aquilana si potrà valutare solo a settembre, quando, chiuse le iscrizioni, si conteranno gli studenti iscritti e a ottobre, quando si dovrà affrontare concretamente il problema della didattica (dove, come, quando?).
Il laboratorio di cartografia nel quale lavoravo? È un cumulo di macerie e adesso svolgo il mio lavoro a casa dei miei genitori a Pescara.
Il sisma ha cambiato la mia vita, come quella di tante altre persone (ci sono aziende che non avendo riportati gravi danni dal sisma hanno riaperto quasi subito, altre hanno abbandonato l’Aquila e hanno licenziato di fatto i dipendenti), è cambiato il mio presente ma sono cambiate anche le mie prospettive future.
A distanza di tre mesi quello che mi resta, passata la paura terribile, è il dolore per le persone perdute, la rabbia di chi ha convissuto con le scosse di terremoto per tre mesi, senza che venisse fatta una sola esercitazione, mentre le istituzioni preposte o tacevano o parlavano solo per tranquillizzarci. Quello che resta è la sgradevole sensazione di verità nascoste e taciute, di speculazioni e manipolazioni provenienti da più parti, la sensazione che la catastrofe del 6 aprile non sia stata una catastrofe naturale ma una catastrofe totalmente umana (la zona dell’Aquila è stata declassata, nella mappatura delle zone sismiche, dal livello 1, il più pericoloso, al livello 2, con conseguente riduzione delle precauzioni sismiche nell’edilizia, nonostante la presenza nel territorio aquilano di numerose faglie attive; una perizia tecnica inoltre, fatta nei decenni scorsi, aveva già preannunciato la pericolosità in caso di sisma degli edifici della Facoltà di Lettere).
Ma la sensazione peggiore che condivido con tutti gli abitanti dell’Aquila è che gli aquilani non saranno protagonisti o perlomeno partecipi della ri-costruzione della loro città. Il terremoto ha portato alla ribalta le spaccature sociali già esistenti, e le istituzioni non fanno nulla per comporle, la protezione civile sembra regnare onnipotente e le azioni sul territorio sono condotte senza alcuna forma di concertazione con gli abitanti, nonostante si siano formati molti comitati di cittadini per la ricostruzione. Una ricostruzione che cadrà dall’alto del potere centrale disegnando una città nella quale gli abitanti non potranno riconoscersi. E quando dei cittadini non si riconoscono più nella loro città e nel loro territorio significa che hanno perso la loro identità. Questa sarebbe una catastrofe ancora più grave.
Concludo ricordando che L’Aquila è il capoluogo di regione dell’Abruzzo, speriamo che torni ad esserlo e non si cristallizzi nell’immagine di “capitale del dolore” che ci viene consegnata dai media.


Antonietta Vallodoro,
dottoranda in geografia all’Università Tor Vergata di Roma,
tecnico SIG (Système d’Information Géographique) a Cartolab (laboratorio di cartografia del Dipartimento di Culture Comparate, Facoltà di Lettere, Università degli Studi dell’Aquila).

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